VITAM DAT NOBIS CRUX
TUA CHRISTE IESU
DEVOTORUM SOCIETAS
PRIMA IN CIVITATE BONONIAE
AUCTORE B. RAINERIO TUNC EREMITA
MOX ORDINIS MINORUM
XENODOCHIUM ISTUD INSTITUIT
QUOD EX INGENTI IN INFIRMOS PIETATE
ET AUCTORIS MIRACULORUM COPIA
VITAE PRAECLARUM NOMEN ACCEPIT
ANNO DOMINI […]

L’anno è stato purtroppo cancellato da un maldestro restauro.

“La tua croce, Gesù Cristo, ci dona la vita.
La prima società dei devoti nella città di Bologna fondata dal Beato Rainerio, allora eremita, poi dell’ordine dei Minori, istituì questa foresteria, che, per l’abnegazione verso gli infermi e l’abbondanza di miracoli, prese il nome splendido della Vita.
Anno del Signore…”

Questa lapide è posta in Via Clavature, a Bologna, a pochi passi dal portale della Chiesa di Santa Maria della Vita, il più bell’esempio di tardo barocco bolognese.

L’edificio attuale sostituisce quello di Rainerio, un perugino arrivato a Bologna nel 1261, con un seguito di ventimila persone. Rainerio Barcobini Fasani fondò la Confraternita dei Battuti Bianchi, che assisteva e curava ammalati e pellegrini. È in questo modo che nascono la Chiesa e l’Ospedale di Santa Maria della Vita, con il tempo ingranditesi e arricchitesi di opere d’arte, le più famose delle quali sono il Compianto di Niccolò dell’Arca, e il Transito della Vergine, di Alfonso Lombardi, due gruppi scultorei fittili di qualità eccelsa.

I beni della confraternita divennero pubblici a seguito degli espropri napoleonici del 1796-97 e l’ospedale venne chiamato Grande Ospedale della Vita e della Morte. Dal 1801 vi confluirono beni di vari altri istituti di assistenza cittadini, e dal 1814 il complesso fu denominato Ospedale Maggiore. Il grande nosocomio fu raso al suolo dai bombardamenti del 1945. Attualmente il Santuario e le sue pertinenza costituiscono il cosiddetto Quadrilatero, il centro della vita cittadina di Bologna.

Dal punto di vista architettonico la chiesa, ricostruita fra il 1687 e il 1690 su progetto di Giovanni Battista Bergonzoni, è uno stupendo esempio di tardo Barocco. La cupola, progettata da Antonio Galli Bibiena, fu eseguita da Giuseppe Tubertini fra il 1785 e il 1787. Il lavoro del giovane architetto fu così apprezzato che pochi anni dopo divenne Architetto Capo e Pubblico Ingegnere del Comune di Bologna.

La facciata dell’edificio è stata completata ne l1903, su progetto di Leonida Bertolazzi, mentre l’interno, oltre allo stupendo gruppo fittile di Niccolò dell’Arca, definito “urlo di pietra” da Dannunzio, conserva nei pennacchi le quattro stupende Sibille dello scultore forlivese Luigi Acquisti.

L’altar maggiore, di Angelo Venturoli, custodisce l’immagine della Madonna della Vita, alternativamente attribuita a Simone dei Crocifissi o a suo nipote, Lippo di Dalmasio. Si tratta di un affresco che ornava la parte esterna dell’antico oratorio, verso Via delle Pescherie Vecchie. Ritenuta non pregevole, durante i rifacimenti cinquecenteschi fu coperta; fu ritrovata nel 1614 e,  ritenuta miracolosa, fu eletta a protettrice degli ammalati dell’attiguo Ospedale della Vita. Fu posta su un altare nel 1671 e Ludovico Carracci disegnò un nuovo frontale in omaggio alla Vergine, la cupola fu invece affrescata da Gaetano Gandolfi fra il 1776 e il 1779.

Nel 1686 si verificò un rovinoso crollo, al seguito del quale il Santuario fu ricostruito. L’immagine però non subì alcun danno, quindi fu posta sull’altar maggiore. La festa per il ritrovamento della Vergine della Vita si celebra il 10 settembre. In tale occasione viene esposta una preziosa reliquia, una miniatura del sec XVII con corona e bordo di diamanti, con un ritratto di Luigi XIV. Il Re Sole infatti, avendo ricevuto la dedica della sua Felsina Pittrice dallo storico bolognese e canonico Carlo Cesare Malvasia, fece dono dell’immagine al Santuario.

Il crollo risparmiò lo stupefacente gruppo fittile di Niccolò da Puglia, meglio noto come Niccolò dell’Arca. Lo scultore, a lungo attivo a Bologna, aveva uno studio proprio all’interno degli edifici di proprietà della Confraternita dei Battuti, ed eseguì le sette statue che compongono il Compianto presumibilmente fra il 1463 ed il 1490. La datazione è incerta, e si presume che l’artista abbia rifatto più volte alcune delle figure che più tardi impressionarono artisti del calibro di D’Annunzio e Pasolini. Nonostante l’altissima qualità di questa opera, l’espressività di Niccolò non ebbe seguaci, nella Bologna del Cinquecento.

Del complesso della Vita fa parte l’Oratorio dei Battuti, dove si riunivano i membri della Confraternita al fine di dedicarsi ad attività penitenziali in forma strettamente privata. La sala, ornata da stucchi e rilievi, è un prezioso esempio di protobarocco bolognese, i cui lavori di rifacimento furono finanziati da Giovanni Pepoli. All’interno sono conservati due elementi provenienti dal precedente oratorio: la pala con la Madonna col Bambino e Santi del Nosadella, e lo stupefacente gruppo fittile del Tansito della Vergine ed eseguito da Alfonso Lombardi fra il 1519 ed il 1522.

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