Parma Color Viola è una rassegna che, da diversi anni, anima le primavere della nostra città. In questi giorni sono molte le attività legate alla viola, per esempio vi invito ad andare a curiosare nel nostro Orto Botanico, fondato da Filippo di Borbone, dove potrete vedere anche alcuni interessanti erbari del Settecento, e dove è conservato anche quello di Albertina Sanvitale, figlia di Maria Luigia, che amava disporre con cura i fiori raccolti, ed annotare le località dove aveva raccolto le piantine.
La viola è uno dei simboli di Parma perché questo fiore fu amatissimo da Maria Luigia d’Asburgo, seconda moglie di Napoleone, divenuta Duchessa di Parma nel 1816. Oltre ad amare la fragranza di questo piccolo fiore, ne adorava anche il colore, tanto che le uniformi dei suoi paggi erano viola, così come gli abiti dei cortigiani. A Maria Luigia piaceva essiccare questi piccoli fiori, dipingerli e ricamarli, e a volte firmava le sue lettere con una piccola viola.
Vi sembrerà strano, ma la Duchessa aveva imparato ad usarne la fragranza contro i cattivi odori da Giuseppina Behaurnais, la prima moglie di Napoleone, che ne aveva un mazzetto appuntato sul petto la prima volta che incontrò il generale corso. Al loro matrimonio l’unico fiore ammesso fu la viola. Napoleone adottò le viole anche come simbolo del suo partito, tanto che dopo l’esilio venne apostrofato anche con l’epiteto di Caporal Violette.
Oltre a Giuseppina Behaurnais ed alla nostra Duchessa, le viole nella storia hanno “stregato”, grazie al loro profumo ed al loro colore, moltissime altre grandi donne, dalla Regina Vittoria, che ne fece piantare a migliaia, a Eleonora Duse, che amava appuntarsene un mazzetto sul petto. Anche molti uomini, artisti, nobili e letterati sono stati affascinati dalle viole, che hanno origini veramente antichissime.
Sarebbe infatti stato Zeus a creare le viole, per nutrire la sua amata Io, trasformata in giovenca per nasconderla alle ire della moglie Era. Dal nome della ninfa deriva la parola Ion, che significa viola. Secondo Ovidio, poi, poco prima di essere rapita da Plutone anche Proserpina raccoglieva viole e gigli.
Queste delicate piantine sarebbero comunque giunte in Europa da zone temperate, forse dall’Oriente o dall’Africa. I Greci le usavano per decorare gli altari nelle loro case, ed agli angoli delle strade di Atene si vendevano mazzetti di viole, che erano usate anche a scopi medicinali. Secondo i Romani una corona di viole era un efficace antidoto contro le emicranie dovute ad abbondanti bevute. Gli Arabi invece ne utilizzavano gli oli essenziali, come tonici per il cuore.
La coltivazione di viole su scala industriale risale al sedicesimo secolo, quando cominciarono ad essere usate in abbondanza alla corte di Luigi XIV contro i cattivi odori dovuti alla scarsa igiene.
In Italia però già a Napoli nel Cinquecento erano coltivate dai botanici per la loro fragranza. E a Napoli, probabilmente, fu anche coltivata per la prima volta in Italia la Viola odorata pallida plena, meglio nota come Violetta di Parma.
Le sue origini sono, in effetti, sconosciute. Si tratta di una viola a fiore doppio, dalla fragranza intensa e dal colore azzurrato, con piccoli puntini rossi al centro. Secondo alcuni botanici sarebbe originaria dell’Asia Minore, e sarebbe arrivata in Italia grazie ai Veneziani. Altri invece pensano che sia originaria della Catalogna. Ad ogni modo fece la sua comparsa a Napoli, ecco perché è anche chiamata Neapolitan Violet, e forse fu inviata a Parma tramite i Borbone.
Nell’Ottocento, grazie al Conte Filippo di Brazzà si ottennero delle varietà migliori delle precedenti, dal fiore stradoppio e dal colore azzurrato, che furono utilizzate anche per la decorazione di giardini quali quelli del Pincio, del Campidoglio e di Piazza San Marco.
Il profumo alla violetta fu ottenuto dai Francescani dell’Annunziata, ed in primis prodotto esclusivamente per la Duchessa, verso il 1870 fu poi brevettato da Ludovico Borsari, che creò la prima vera industria profumiera italiana. A Parma, però, le violette si continuano ad usare anche in cucina, infatti nelle nostre pasticcerie è facile trovare piccole scatoline piene di violette zuccherate. Si servono con il caffè, o si usano per decorare torte come quella di ricotta, quella di cioccolato, o quella di limone.
Ormai nessuno fa più le violette zuccherate in casa, anche se la ricetta è molto semplice, gli ingredienti sono soltanto violette, zucchero ed acqua. Il peso dello zucchero deve essere uguale a quello dei fiori. Le violette devono essere preferibilmente appena sbocciate, lavatele delicatamente con tutto il gambo. La difficoltà sta nel far sciogliere lo zucchero che deve essere messo in un pentolino con qualche cucchiaio d’acqua, ma deve restare chiaro; appena imbiondisce toglietelo dal fuoco ed immergetevi le violette tenendole per il gambo, poi adagiatele su un foglio di carta oleata leggermente unta e fatele raffreddare. Potete conservarle in una scatola di latta.